«Negli ultimi cinque anni, abbiamo recuperato circa 26 miliardi di euro e l’evasione fiscale in rapporto al Pil negli ultimi vent’anni si è dimezzata. Questo dimostra che un’efficace attività di contrasto è stata fatta ed è davvero possibile». Il dato del sommerso in Italia è certamente ancora molto alto, eppure, come spiega al Sole 24 Ore, Nicola Rossi, il presidente della Commissione sull’economia non osservata e l’evasione fiscale e contributiva, «la narrazione nel nostro Paese è sempre la stessa: sembra sempre che sul tema del contrasto all’evasione non arrivino mai buone notizie».
Ma attenzione, aggiunge ancora Rossi, «l’evasione è fondamentale osservarla in un’ottica di lungo periodo piuttosto che concentrarci solo sugli eventi di breve periodo e soprattutto è giunto il momento di confrontarsi anche con quello che accade oggi negli altri Paesi», così come ha fatto la Commissione nella sua ultima relazione allegata il mese scorso al Piano strutturale di Bilancio di medio termine, inviato a Bruxelles e alle Camere.
Perché ritiene che il dibattito pubblico italiano sul contrasto all’evasione sia limitato?
Si guarda al dato congiunturale e non all’evoluzione dell’azione di contrasto e inoltre il più delle volte si considera il caso italiano come se il fenomeno fosse esclusivamente italiano. Così non è, e confrontarci con le esperienze internazionali ci permette di capire meglio la nostra posizione. Quello che, ad esempio, si nota nel caso dell’Iva è che l’Italia continua sì a restare al di sopra della media europea, come emerge dalla stessa Relazione sull’economia non osservata, ma negli ultimi cinque anni siamo il Paese che ha fatto di più. Il caso italiano in termini di riduzione del tax gap, ossia la differenza tra quanto versato e quanto atteso, potenzialmente, nelle casse dello Stato, è certamente il più significativo dei paesi europei, il che ancora una volta vuol dire che di strada da fare ce n’è ancora tanta, ma tanta è stata già percorsa.
Ci sono stati dei cambiamenti distintivi che hanno contribuito a questi risultati?
Credo che sia fondamentale considerare il ruolo che fino ad oggi e soprattutto in futuro potrà giocare la tecnologia. Essa rappresenta un elemento chiave per il contrasto all’evasione. Non si tratta solo di controlli, ma di strumenti che facilitano la tracciabilità delle transazioni e dei comportamenti dei contribuenti.
Dunque più tracciabilità contro il nero?
Non fa certo titolo in televisione e forse è stata anche sottovalutata in termini di risultati che potrebbe garantire all’amministrazione finanziaria la norma inserita nel Disegno di legge di Bilancio che obbliga il collegamento diretto tra il Pos e il registratore di cassa, ma è una norma che può rivelarsi significativa. Anche se entrerà in vigore dal 2026 ma solo per consentire ai contribuenti e all’amministrazione di adattarsi e di recepire per tempo la novità. È una misura importante che grazie anche all’utilizzo concreto della tecnologia porterà a migliorare notevolmente la capacità di monitoraggio delle transazioni e del rispetto delle regole fiscali da parte di imprese e cittadini.
La tecnologia può essere davvero un volano importante per recuperare entrate?
Certamente. Si pensi, ovviamente, alla fatturazione elettronica. Così come può esserlo la semplificazione: ad esempio, lo split payment che ha ridotto i passaggi nel pagamento dell’Iva per chi lavora con la Pubblica amministrazione. È cruciale semplificare i rapporti tra contribuente e fisco, così come è importante associare alla deterrenza, un atteggiamento collaborativo da parte dell’Amministrazione. Come si sta facendo nell’ambito del processo di riforma del fisco italiano.
Quali settori d’azione considera prioritari per i prossimi anni?
La Commissione si concentrerà sull’analisi delle determinanti delle tendenze del tax gap e sui confronti internazionali. Ma non solo: l’andamento diatonico del tax gap dell’Iva e dell’Irpef deve ancora essere compreso appieno. Sarà importante osservare poi la dinamica che ha portato al recupero del tax gap con il regime di tassazione agevolato introdotto con la cedolare secca sugli affitti. E, per altro verso, le conseguenze del ricorso a regimi speciali. Un settore su cui occorre fare più di una riflessione è, ancora, quello dei tributi locali a partire dall’Imu e dalla Tasi. Sarà interessante capire, ad esempio, se e fino a che punto la propensione all’evasione si associa alla qualità nella fornitura di servizi da parte degli enti locali. Comprendere queste dinamiche può aiutare ad intervenire in modo efficace.