11 Luglio 2022
La Provincia
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Politiche pubbliche
Secondo una delle principali associazioni che raccolgono gli artigiani, la Cna, il blocco dei finanziamenti connessi al cosiddetto “super-bonus” mette a rischio di fallimento un numero elevatissimo di aziende: ben 33 mila in tutta Italia, per una perdita complessiva di 150 mila impieghi. Un’iniziativa politica nata male, insomma, finirà per concludersi peggio. Cos’è successo, in effetti, con la decisione da parte degli ultimi governi di sostenere in tal modo una serie di attività, a partire dal rifacimento delle facciate?
La classe politica ha pensato che, per rimettere in moto l’economia, fosse necessario stimolare in maniera artificiosa alcuni comparti. Se John Maynard Keynes aveva addirittura avanzato la possibilità di far fare buche e poi richiuderle, qui si è pensato di usare le risorse ottenute con il prelievo fiscale per finanziare lavori di ritinteggiatura e altre cose simili. Oggi, però, i nodi vengono al pettine. È chiaro, infatti, che le risorse a nostra disposizione sono state utilizzate non già per le iniziative più importanti e necessarie (quelle richieste dal pubblico), ma per attività assai meno rilevanti (quelle decise dal legislatore).
Sul piano economico, si è tratto di uno sciupio colossale di denaro: come se, per intendersi, un industriale che ha assoluto bisogno di un macchinario per la sua produzione si dotasse, invece, di altre attrezzature che già possiede. Il dirigismo si basa sempre sull’idea che ci sia qualcuno – politico, scienziato, burocrate – che sappia meglio di noi quale debba essere l’utilizzo del frutto del nostro lavoro. La presunzione di alcuni genera iniziative assistenziali viziate da autoritarismo e destinate a rivelarsi economicamente fallimentari.
Oltre a ciò, la politica dei “super bonus” ha visto degradare ancor più il livello dei rapporti tra la politica e il sistema delle imprese. La decisione di destinare una gran massa di denaro alle aziende edili è stata, ovviamente, il risultato di un’azione lobbistica molto efficace. I costruttori sono riusciti ad arricchirsi a scapito del resto dell’economia, ma questo ha aggravato ancor più la qualità della nostra vita civile.
Raramente, in effetti, avevamo assistito all’instaurarsi di logiche tanto apertamente parassitarie. A questo punto della vicenda, siamo ormai in prossimità dell’esaurirsi di quella spinta. Poiché non c’era una domanda così massiccia in quei settori, abbiamo visto crescere imprese che sono state attirate soltanto dal soldo pubblico; e ora che la manna del cielo sta per finire è normale che numerose società siano destinate a essere in sofferenza.
Una politica che ha agito contro il mercato (contro le preferenze di tutti noi) adesso si trova a fare i conti con la realtà. Sarebbe stato molto meglio lasciare quelle risorse nelle tasche di chi le aveva prodotte con il suo lavoro. Ognuno di noi avrebbe cercato di spenderle e/o investirle negli ambiti che riteneva migliori e questo ordine spontaneo, proveniente dal basso, non avrebbe generato tale irrazionale corsa a ridipingere i palazzi. Il nostro sistema produttivo sarebbe più solido, la nostra politica meno corrotta e i posti di lavoro più al sicuro.
da La Provincia, 11 luglio 2022