Nel 1997 nessuna svendita: il Paese ci ha guadagnato

I privati hanno pagato Telecom Italia a caro prezzo, con beneficio dell'erario

30 Novembre 2021

La Stampa

Franco Debenedetti

Presidente, Fondazione IBL

Argomenti / Ambiente e Energia Politiche pubbliche

Caro Direttore, se, come lei scrive nel suo editoriale del 28 novembre, il Governo Prodi nel 1997 vendette Telecom Italia per l’equivalente di 11,82 miliardi di euro, e oggi il fondo Kkr può comprarne il 100% per 10,8 miliardi, la prima cosa che se ne deduce è che, contrariamente a quanto si sente ripetere in questa come in altre occasioni, lo Stato è stato un buon venditore.

Non c’è stata nessuna svendita: i privati hanno pagato, a caro prezzo, con beneficio dell’erario. E non solo. E’ passato quasi un quarto di secolo, e di cose ne sono successe. Allora, grazie alla liberalizzazione imposta dall’Europa, a scalfire il monopolio Telecom era comparsa Omnitel. Nessuno poteva immaginare che l’Italia sarebbe diventata un mercato estremamente concorrenziale, dove sono attivi una pluralità di operatori, con le tariffe tra le più basse in Europa, con un’autorità di regolazione e controllo, istituita per poter privatizzare, che si sarebbe dimostrata molto severa verso l’ex-monopolista. Se quest’ultimo fosse rimasto un’impresa pubblica, è improbabile vi sarebbe stato il medesimo zelo.

La vera privatizzazione la fece l’Opa dei “capitani coraggiosi”: privati e pubblico poterono vendere le loro azioni, e il corrispettivo fu il debito che la società si dovette accollare. L’attuale ecosistema delle telecomunicazioni in Italia, con Telecom che resta l’incumbent e mantiene il controllo della rete (e l’una cosa in quanto l’altra), sarà perfettibile come tutte le cose ma ha consentito lo straordinario sviluppo del digitale e di internet: ci furono anni in cui l’Italia era uno dei paesi con il più alto numero di telefonini pro-capite.

Il lockdown ha portato a una moltiplicazione mai vista dei consumi: la tanto bistrattata rete ha retto. Il (presunto) ritardo nella rete in fibra è riconducibile a un lascito del monopolio: che si fece fare una legge per vietare che altri posassero reti per la trasmissione del segnale televisivo. Dove fu possibile farlo, ad esempio in Germania e Inghilterra, è stato rapido sostituire il cavo coassiale con la fibra ottica e Internet e la tv via cavo sono andati di pari passo. Da noi così non poteva essere e non è avvenuto.

Lei enumera i passaggi di mano del controllo societario: bisognerebbe anche ricordare gli interventi dei governi (e della magistratura) che li hanno preceduti o accompagnati. Oggi, l’eventualità dell’Opa di Kkr, suscita tentazioni irresistibili. Al centro delle ipotesi c’è la rete, che molti vorrebbero fosse sottratta al controllo di Tim. Eppure in Europa tutti gli ex-monopolisti l’hanno mantenuto: British Telecom, Deutsche Telekom, Orange, Telefònica, ecc.

In tutto il mondo la separazione proprietaria è stata fatta solo in Nuova Zelanda ed Australia, con risultati modesti nel primo caso, disastrosi nel secondo. E’ possibile che all’Italia riesca di fare bene qualcosa che i pochi altri Paesi che si sono azzardati a farla l’hanno fatto male. E tuttavia, per quanto profonda possa essere la nostra fiducia nel governo Draghi, un po’ di esperienza suggerirebbe che è ben difficile che questo avvenga.

da La Stampa, 30 novembre 2021

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