9 Gennaio 2023
La Provincia
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Economia e Mercato
È facile immaginare cosa possa aver spinto Martin Eberhard e Marc Taropenning, nel 2003, a intestare a Nikola Tesla l’impresa che avevano costituito, con l’obiettivo di produrre autovetture elettriche. Il serbo-americano Tesla, nato a metà Ottocento nella Croazia asburgica e morto a New York il 7 gennaio di 80 anni fa, durante la Seconda guerra mondiale, fu uno scienziato, ma anche un inventore e un visionario: uno studioso che seppe muoversi a cavallo di varie discipline, mostrando costantemente una formidabile creatività. L’automobile che intende annunciare un futuro migliore e ancora difficile da decifrare può legittimamente richiamarsi allo studioso che ha esplorato con originalità l’elettromagnetismo e firmato quasi trecento brevetti.
Il povero e il milionario
Certo colpisce che il nome di questo bohémien della scienza moderna, morto senza un dollaro, sia oggi associato a quello di Elon Musk, per molto tempo l’uomo più ricco del pianeta e soltanto di recente superato in questa classica dal francese Bernard Arnault (sempre che siano attendibili, e non si sa se lo siano davvero, simili graduatorie). È infatti difficile immaginare due personaggi tanto diversi, anche se – a ben guardare – essi simboleggiano due aspetti cruciali delle società di tradizione europea.
Il fatto che l’austero Tesla sia oggi un marchio nelle mani di uno dei tycoon più spregiudicati in circolazione non deve stupire. In fondo il capitalismo ha sempre dimostrato una grande capacità di utilizzare, assorbire e reinventare ogni cosa: al punto che perfino la fotografia scattata da Alberto Korda con il volto di Ernesto “Che” Guevara è da decenni un’icona del commercio su larga scala, finendo sulle t-shirt di innumerevoli giovani disposti a mettere mano al portafogli per acquistarle.
È anche questo che voleva evidenziare Joseph Schumpeter quando sottolineò che il libero mercato produce costantemente una “distruzione creatrice” che dissolve e rigenera: come ben sa chi ricorda quanto fosse grigio il Fondaco dei Tedeschi di Venezia, negli anni in cui fu sede delle poste di Stato, e accosta tutto ciò al centro commerciale sfavillante e un po’ artefatto che c’è adesso, dopo che una finanziaria veneta l’ha acquistato e restaurato.
Quando Musk s’è impossessato dell’azienda automobilistica californiana di sicuro non ha pensato di cambiarle il nome: e non soltanto perché è buona regola non modificare i brand vincenti. Oltre a ciò è probabile che egli si sia sentito a proprio agio entro un’impresa con un nome tanto bizzarro quanto altisonante. In fondo, c’è più di un punto di contatto tra lo scienziato e l’imprenditore. Se Musk sta investendo somme ingenti per una pionieristica esplorazione dello spazio, dobbiamo tenere presente che anche l’ingegner Tesla si è mosso sempre in maniera anticonformista.
Dopo il 1918, temendo lo scoppio di un’altra guerra mondiale, immaginò che tutte le nazioni potessero disporre di un deterrente in grado di abbattere 10mila aeroplani a una distanza di 400 chilometri. Aveva in mente una specie di “scudo spaziale” ante litteram, che suscitò l’interesse dei sovietici e che se mai fosse stato realizzato avrebbe reso più difficile l’avvio di un conflitto militare.
Secondo i biografi, Tesla non mostrò mai grande interesse per il denaro. C’è anche da chiedersi, però, se sia proprio la ricchezza a muovere veramente i protagonisti assoluti dell’economia globale: Musk e tutti gli altri. E non è scontato che sia così. In fondo, non sappiamo se la scelta di comprare Twitter – finora finanziariamente disastrosa – produrrà profitti. Non è detto. Al tempo stesso è evidente che Musk con questa mossa è intervenuto in maniera decisa nel dibattito politico e l’ha fatto schierandosi a difesa del primo emendamento, che protegge quel principio dell’assoluta libertà di espressione che i “censori” del social network avevano buttato nel cestino: fino al punto di chiudere la bocca al principale esponente dell’opposizione negli Stati Uniti, l’ex-presidente Donald Trump.
Sapere e intraprendenza
Musk produce l’automobile più “politicamente corretta” che si possa immaginare (una vettura elettrica ed ecologica), ma al tempo stesso ha chiesto che Anthony Fauci e gli altri responsabili delle politiche sanitarie americane siano processati, esprimendo pure il suo aperto sostegno alla candidatura alla Casa Bianca del governatore della Florida, Ron DeSantis. Mentre i suoi colleghi (da Bill Gates Mark Zuckenberg) appaiono allineati all’egemonia culturale progressista, egli ha voluto sfidare i padroni dell’opinione pubblica, convinto che una battaglia merita di essere combattuta soltanto se è difficile e incerta nell’esito.
Capitalismo e scienza, tecnologia e finanza, possono allora marciare di pari passo per numerosi motivi: e non soltanto perché la creazione di prodotti e servizi innovativi da mettere sul mercato spesso esige scoperte e soluzioni ingegnose. Oltre a ciò, è indubitabile che la modernità vive da sempre in ragione di tale alleanza tra sapere e intraprendenza; e questo perché l’innovazione scientifica e il successo imprenditoriale esigono razionalità, ma ancor più creatività. In qualche modo, si tratta sempre d’immaginare qualcosa che ancora non c’è e che però può in qualche modo contribuire a migliorare il mondo. Alla fine, Tesla e Musk sono entrambi e a modo loro eccentrici e rivoluzionari, avendo dimostrato di possedere quel coraggio e quella spavalderia che sono comuni a chiunque sappia muoversi controcorrente.
da La Provincia, 8 gennaio 2023