La debolezza della transizione energetica europea ha dato un'altra arma a Putin

L'interruzione delle forniture di gas russo rischia di avere conseguenze pesanti per la nostra economia

3 Maggio 2022

MF-Milano Finanza

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Economia e Mercato

Sul pagamento del gas in rubli Vladimir Putin sta vincendo il braccio di ferro con l’Europa? Sì e no. Può apparire una questione secondaria e da azzeccagarbugli. In fondo, il costo del gas russo è fissato nei contratti che le società importatrici hanno con Gazprom ed è stabilito in euro o dollari. Che poi sia il venditore a cambiare gli euro in rubli dopo aver incassato, o i compratori prima di effettuare il bonifico, poco cambia.

In realtà, dietro la provocazione di Mosca c’è un disegno più sottile: il tentativo di dividere l’Europa su un fatto simbolicamente importante. Non a caso la Commissione europea ha preso una posizione netta, seguita immediatamente dai Paesi più sensibili alla minaccia russa (Polonia e Bulgaria). Resta da vedere come reagiranno gli altri Stati membri. La palla non è nelle mani delle imprese: se non effettuassero i versamenti al termine pattuito, risulterebbero inadempienti. Dunque la questione rimbalza inevitabilmente nel campo dei governi. E’ una scelta fondamentalmente politica: e interroga principalmente i Paesi che più hanno da perdere da un incancrenirsi della situazione, cioè Germania e Italia.

Questo conduce al cuore della faccenda. Il presidente Draghi ha avuto buon gioco nel mettere gli italiani di fronte all’alternativa tra la pace e i condizionatori. Ma, se le cose stessero in questi termini, ci sarebbe poca discussione. Invece, l’eventuale interruzione delle forniture rischia di produrre conseguenze economiche assai più profonde di quanto sembrano suggerire gli studi di alcuni economisti, che immaginano un impatto nell’ordine dei pochi decimali di pil.

Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, pur con tutte le cautele del caso, ha pronunciato il termine più temuto: «recessione». Parola assai pesante in un Paese che sperava di crescere di oltre quattro punti nel 2022 e che aveva delegato all’ottimismo sulla crescita la tenuta delle finanze pubbliche. Sono due, allora, le domande a cui Putin ci mette davanti e che finora abbiamo eluso. Primo: fino a che punto siamo disposti a spingere le sanzioni per fermare l’invasione dell’Ucraina? Secondo: fino a che punto siamo convinti che la scelta dell’embargo sia davvero nostra, e che non sarà invece Mosca a chiudere per prima i rubinetti?

L’impossibilità di fornire una risposta univoca garantisce un punto al Cremlino. D’altra parte, la minaccia della sospensione dei flussi rappresenta il tipo di arma che, una volta utilizzata, si ritorce contro chi la impugna. Se davvero la Russia si muovesse in quella direzione con la scusa del pagamento in rubli o con altri pretesti finirebbe per condannarsi a un isolamento ancora più marcato di quello attuale. L’Europa attraverserebbe una fase di difficoltà estrema ma alla fine ne uscirebbe. E lo farebbe più rapidamente di quanto Mosca possa mettersi nella condizione di vendere a terzi il suo gas. Sebbene le cose stiano andando molto male, insomma, dalla prospettiva europea c’è qualche ragione di ottimismo, almeno nel medio termine.

L’importante è che resti ben chiaro ai leader europei che è prioritario sostituire il gas russo con altro gas, rimpiazzare il gas con altri combustibili (dalle rinnovabili al nucleare e, nell’immediato, carbone e olio), e contenere la domanda attraverso l’efficienza energetica. Ma questo implica anche una seria autocritica sulla leggerezza con cui negli ultimi anni abbiamo declinato gli imprescindibili obiettivi di de-carbonizzazione.

Pochi giorni fa, gli azionisti di alcune grandi banche americane (Wells Fargo, BofA e Citi) hanno respinto le richieste di chi voleva premere ulteriormente il pedale sul disinvestimento dai fossili. La ragione è che la transizione ecologica deve essere, appunto, una transizione: non può essere un salto nel buio. Il manicheismo con cui abbiamo condannato le fonti fossili senza metterci prima in condizione di farne a meno ha creato l’opportunità che Putin sta sfruttando senza scrupoli. E’ il caso di imparare dagli errore passati: coniugare crescita, ambiente e sicurezza è l’unico modo di tagliare i viveri a Putin.

da MF-Milano Finanza, 3 maggio 2022

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