Alla radice del processo di impoverimento dell'Italia c’è un andamento stagnante della produttività
“… importa che gli italiani sappiano guardare in faccia alla realtà: il reddito nazionale, che è l’unica fonte dei redditi privati e delle entrate pubbliche, è diminuito. […] Poiché il reddito nazionale è un totale, di cui i redditi dei singoli sono le parti, giocoforza è rassegnarsi a salari, a stipendi, a profitti ed in generale a redditi reali minori di prima; […] Occorre, cioè, volenti o nolenti continuare a stringerci la cintola. Questa è la sostanza del piano economico che l’Italia deve, per vie spontanee o forzate, oggi seguire per la sua ricostruzione. Ricostruzione è sinonimo di rinuncia, di risparmio.” Sono parole pronunciate il 29 marzo 1946 da Luigi Einaudi nella sua qualità di Governatore della Banca d’Italia. Parole che chiariscono, senza possibilità di equivoci, che Luigi Einaudi – di cui abbiamo da poco finito di celebrare il 150° anniversario della nascita – pensava agli italiani come ad un popolo di adulti.
Parole che nessuno ha nemmeno lontanamente immaginato di pronunciare dopo la crisi finanziaria del 2008, dopo la crisi dei debiti sovrani del 2011 o dopo l’emergenza pandemica del 2020. Dopo eventi che non pochi hanno paragonato ad eventi bellici. Per comprenderlo si ricordi che nel 2024 dovremmo, forse, aver finalmente raggiunto e marginalmente superato il livello di prodotto interno lordo pro capite registrato nel 2007, prima della Grande Recessione. L’area dell’euro lo aveva già fatto dieci anni fa. La Germania già nel 2010. La Francia nel 2014. La Spagna nel 2017. Dietro di noi, sotto questo profilo, c’è solo la Grecia. Andando ancora un po’ più indietro, nel 1995 il nostro prodotto interno lordo pro capite era per poco meno dell’8% superiore alla corrispondente quantità dell’area dell’euro. Oggi siamo per circa il 10% al di sotto. In breve, forse sarebbe il caso di informare gli italiani che negli ultimi trent’anni il paese si è impoverito. Non tanto quanto durante la Seconda guerra mondiale ma in misura non poi così distante da quanto accadde nella Grande Guerra. Si è impoverito tanto e nella sua interezza. E alla radice di questo processo di impoverimento c’è un andamento stagnante della produttività e, in particolare della produttività totale dei fattori.
Ma farlo implicherebbe, come accadde quasi ottant’anni fa, chiedere agli italiani – che per anni abbiamo blandito con i bonus – di rimboccarsi le maniche, di prendere nelle proprie mani il proprio destino (che spesso hanno improvvidamente affidato all’operatore pubblico). Significa, prima ancora che disegnare incentivi, promettere agevolazioni, assicurare quelle che Guido Carli chiamò le “premesse psicologiche dell’impresa”. Significa avere l’ambizione di governare l’Italia senza sostituirsi agli italiani. Considerandoli, appunto, adulti. E restituendo loro, giorno dopo giorno, gli spazi di libertà sottratti, giorno dopo giorno, negli ultimi decenni.