In Italia l’anarcocapitalismo libertario è roba da marziani. Pensateci un po’. Da noi il culto dello Stato è radicato, sia pure con accentuazioni diverse, a destra (postfascisti) come a sinistra (postcomunisti). E alligna pure tra i liberali, che in fondo nell’Ottocento il nostro Stato unitario lo hanno costruito. La religione predominante è un cattolicesimo propenso al paternalismo, tanto nelle correnti conservatrici quanto in quelle progressiste.
Gli anarchici italiani, da parte loro, con personaggi di spicco quali Errico Malatesta e Armando Borghi, hanno sempre combattuto il capitalismo. Anche la Lega, per quanto ostile al Fisco esoso, predica il protezionismo in economia e il rispetto della tradizione nel campo del costume. Perfino Marco Pannella, forse il nostro leader politico più libertario, ha sempre perseguito l’intesa laico-socialista.
Ci voleva quindi tutto l’anticonformismo dí Aldo Canovari, piccolo e combattivo editore di Macerata, per cominciare a proporre nel 1986, con il marchio Liberilibri e una veste grafica di rara eleganza, testi che coniugano massima fiducia nel mercato e nell’impresa, garantismo coerente in campo giudiziario, minima intromissione delle autorità nelle scelte di vita dell’individuo. Anche dell’individuo egoista e vizioso, riabilitato da Walter Block nei due volumi della sua opera Difendere l’indifendibile, editi da Liberilibri nel 1995 e nel 2015. Un testo in cui l’economista americano prende le parti di speculatori, ruffiani e crumiri. Roba da marziani, appunto.
Ciò nonostante, a trent’anni dall’avvio dell’avventura, quanto meno quelle idee hanno conquistato un diritto di cittadinanza che prima non avevano. Per esempio un testo fondamentale come La libertà e la legge del giurista Bruno Leoni, uscito nel 1961 ìn inglese, è stato finalmente tradotto nel 1994 (meglio tardi che mai) grazie a Liberilibri, a cura di Raimondo Cubeddu, nella lingua madre dell’autore. E non stupisce quindi che proprio l’Istituto intitolato a Leoni abbia deciso di celebrare Canovari e i suoi tre decenni di assidua attività con un volume, Il carattere della libertà (Ibl Libri, pagine 182, €16), che contiene contributi di molti nomi noti: Pierluigi Battista, Giuliano Ferrara, Antonio Martino, Alberto Mingardi, Giovanni Orsina, Quirino Principe, Florindo Rubbettino, Guido Vitiello e altri. Introduce il tutto un racconto di Albert J. Nock (1870-1945), saggista americano che dipingeva il potere politico di ogni genere alla stregua, di un’organizzazione criminale: non a caso il suo saggio più famoso, pubblicato da Liberilibri nel 1995, s’intitola Il nostro Nemico, lo Stato.
La provocazione più forte si trova tuttavia nell’intervento di Serena Sileoni, che ha curato il volume in onore di Canovari. La vicedirettrice dell’Istituto Bruno Leoni non esita infatti a mettere in dubbio la «leggenda collettiva» della sovranità popolare e persino il «dogma democratico», fondato sulla designazione dei governanti per via elettorale, ipotizzando che il ricorso al sorteggio, almeno per alcune cariche, potrebbe rivelarsi utile. Ancora una volta, roba da marziani.
Da Corriere della sera, 15 febbraio 2016