3 Maggio 2022
Il Foglio
Carlo Stagnaro
Direttore Ricerche e Studi
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Come cambierà Twitter dopo che Elon Musk ne avrà preso il controllo? Forse in meglio, forse in peggio, forse per nulla. Musk ha promesso una serie di cambiamenti: maggiore attenzione alla libertà di espressione, nuove funzionalità, la revisione dell’algoritmo rendendone open source il codice, la battaglia contro le orde dei bot e l’autenticazione degli utenti umani. In principio queste innovazioni possono piacere oppure no, ma andranno viste in concreto. Su un piano differente, il takeover di Musk implica un forte cambiamento nella struttura proprietaria di Twitter, che attualmente è controllato da una pluralità di fondi, e forse anche la sua uscita dai listini quotati.
Il modello di business di Twitter ha sicuramente grossi problemi e un cambio era inevitabile. Pur essendo nato con l’obiettivo di favorire interazioni frequenti e stringate, Twitter è presto diventato un autentico campo di battaglia egemonizzato da squadre con visioni opposte. Così, anziché favorire il confronto, ha finito per promuovere la polarizzazione e lo scontro. Chi lo ha capito, come Donald Trump nel 2016, ne ha tratto enorme beneficio, utilizzando la piattaforma sia per compattare le truppe, sia per fare da cassa di risonanza ai suoi messaggi. La reazione del management di Twitter, che ha estromesso l’ex presidente all’indomani della sua sconfitta elettorale, ha ulteriormente cronicizzato la qualità della discussione. E ancora più hanno fatto le nuove regole, dall’ eliminazione dei contenuti ritenuti sconvenienti (per esempio sul Covid) fino alla pratica sempre più frequente dello “shadow ban” per sanzionare i portatori di opinioni “scorrette”. Tutto ciò ha messo in dubbio la natura stessa dello strumento: è una piattaforma aperta e libera oppure di un editore che seleziona i contenuti?
Musk dovrà rispondere a questa domanda riposizionando Twitter da una parte o dall’altra. Per carità, si tratta di un social network tutto sommato minore: la sua quota di mercato è stimata attorno al 7 per cento, un decimo di Facebook. Però si è rivelato un crocevia importante nello scontro politico, forse anche perché frequentatissimo da opinione policy-maker. Il Wall Street Journal ha applaudito alla mossa di Musk, auspicando un migliore equilibrio tra libertà di espressione e moderazione dei contenuti. Altri gridano al colpo di stato, come se oggi Twitter non fosse una piattaforma privata disciplinata da regole in larga parte (e giustamente) fissate unilateralmente dal suo management.
Alla fine, comunque, sarà il mercato a premiare o punire le scelte di Musk: se la nuova gestione creerà un ambiente più gradevole, gli utenti cresceranno e con loro le entrate pubblicitarie. Altrimenti, se ne andranno verso altri lidi. A chi giudica la vicenda come la fine del mondo, vale la pena rispondere con la filastrocca di Gianni Rodari: “Tutto solo a mezza pagina lo piantarono in asso, e il mondo continuò una riga più in basso”.
da Il Foglio, 3 maggio 2022