Umiliato e tassato: Ora il ceto medio ne ha abbastanza

L'uomo di Davos si stupisce della rabbia che ha provocato

19 Gennaio 2017

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Intervenendo a Davos al World economic forum, il ministro dell’economia Carlo Padoan ha puntato il dito sull’insoddisfazione della classe media europea, disillusa nei riguardi della politica. A suo giudizio, la frustrazione e la delusione oggi «vengono espresse dicendo no a qualsiasi cosa i leader politici suggeriscano». E in queste condizioni «individuare soluzioni è più difficile che dire no. È il segno di una crisi che richiede il ripensamento della leadership».

Padoan da un lato sembra comprendere il disagio del nostro tempo, ma poi imputa alla società civile più colpe di quante essa non abbia. Perché se da un lato è vero che il disastro in cui ci troviamo è anche conseguente a pretese provenienti dal ceto medio (si pensi allo sfascio delle pensioni), d’altro canto è fuor di dubbio che i governi di tutti questi anni hanno sempre sacrificato le virtù borghesi. Nella disaffezione verso le élite si mescolano allora molte cose. E la protesta che dice sempre di no, per usare il linguaggio di Padoan, certo si nutre anche della frustrazione di chi si è abituato a vivere all’ombra della spesa pubblica e ora teme di perdere i «diritti acquisiti» e dello scontento di quel popolo delle partite Iva che vede la proprietà senza meno rispettata, il merito disconosciuto, la giustizia disattesa.

Nell’Italia degli anni Cinquanta il ceto politico godeva di un maggiore rispetto, ma a quel tempo i partiti e l’alta burocrazia romana erano assai meno aggressivi nei riguardi delle risorse e dei diritti del cittadino che lavorava e risparmiava. In realtà, l’errore capitale della classe media è consistito nel non ribellarsi abbastanza dinanzi a questo stato di cose e nell’accettare (anche traendo, in vari casi, più di un illegittimo beneficio) l’imporsi di logiche dirigistiche e di politiche redistributive.

A tale riguardo il tema dell’immigrazione è quanto mai significativo, dato che la maggior parte dei cittadini non ha nulla contro la legittima aspirazione a guadagnarsi da vivere di chi lascia il proprio Paese e viene qui da noi. La gente comune tanto criticata da Padoan pensa che coloro i quali vengono qui a lavorare non abbiano bisogno di essere aiutati, perché sanno aiutarsi da soli. Per gli altri, invece, semplicemente non c’è posto. Una classe politica che non capisce queste cose non deve stupirsi di essere disprezzata. Qualcosa di simile viene alla luce quando si considera la situazione del debito pubblico.

Gli Stati sono pieni di debiti e, al tempo stesso, i loro governi non sanno tagliare le spese. Sono realtà che dovrebbero fallire e che rimangono in vita solo perché tolgono una quantità crescente di risorse a chi lavora. Sorprende che siano detestati sempre di più? In queste sue ore a Davos, che si trova in Svizzera (nel cantone Grigioni), il nostro ministro dovrebbe guardarsi attorno: osservare qual è il livello della tassazione, quanto pesa la burocrazia, come funziona la giustizia, com’è gestita l’immigrazione. L’errore cruciale della borghesia europea è consistito nell’arrabbiarsi troppo tardi: quando forse siamo fuori tempo massimo.

Da Il Giornale, 19 gennaio 2017

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