Franco Debenedetti è la pecora bianca della famiglia Debenedetti, dove la pecora nera (agli occhi, beninteso, dei suoi avversari) è il fratello Carlo, editore e finanziere, nonché «De Benedetti» (immagino per qualche forma di snobismo) invece che «Debenedetti». Nessun avversario, invece, e niente snobismi, per Franco Debenedetti. Ingegnere, imprenditore, liberale e persino un po’ liberista, contemporaneamente presidente dell’Istituto (neoliberista hard) Bruno Leoni ed ex senatore Pds e Ds, Franco Debenedetti racconta in questo suo vecchio diario gli anni dell’esilio in Svizzera, tra il 1943 e il 1945, che lo introdussero a «due lingue e due culture»: quella tedesca (Thomas Mann, poi Thomas Bernhard) e quella (democratica) italiana, sopravvissuta alle violenze e alle distorsioni del regime.
Rifugiato a Lugano con la famiglia, per scampare alle leggi razziali fasciste, Debenedetti bambino scrive ogni giorno, e così suo fratello, un diario nel quale trovano posto fotografie, biglietti di teatro e di treno, lettere dagli (e agli) amici, prove di lingua tedesca, auguri e disegni di Natale, stelle, candele, alberi addobbati e poi cartoline, testate e articoli di giornale, note puntigliose di vita quotidiana a scuola e in famiglia, cartine geografiche e geopolitiche, notizie dal fronte in esultanti lettere maiuscole (OGGI 12 SETTEMBRE 1944 È COMINCIATA L’INVASIONE DELLA GERMANIA!) e d’un tratto ecco Yalta, niente più guerra, Hitler fascista muore suicida, Mussolini è giustiziato, segue lo shock di Auschwitz, le foto terrificanti dai campi, e con esse la fine dell’infanzia e d’ogni innocenza.
Raramente si è letto un libro così raggiante e allo stesso tempo così spaventoso. Nelle ultime pagine Debenedetti racconta senza i soliti deliqui giornalistici gli anni (e le cantonate) del governo Monti.
Sono pagine divertenti, oltre che istruttive; anche lì due lingue e due culture: l’Italietta del governo tecnico, la Germania di Angela Merkel e poi finalmente (ma non abbastanza a lungo) Mario Draghi.
Meglio, però, le pagine precedenti: il racconto degli anni di guerra, i preziosi inserti fotografici, la vasta galleria delle riproduzioni delle pagine del diario, i disegni a margine delle note in bella calligrafia. Come il Diario di Anna Frank, fatte naturalmente le debite proporzioni, anche Due lingue, due vite è il Novecento raccontato e giudicato da un ragazzino. In giro per l’Europa, in Russia e Ucraina, in Medioriente, forse altri bambini, in questo momento, stanno ritagliando articoli e foto dai giornali per testimoniare, come Debenedetti nel 1943-1945, la presente lunga coda del Novecento.
Franco Debenedetti
Due lingue, due vite. I miei anni svizzeri. 1943 – 1945
Marsilio Arte, 2024