Un rebus per salvare le bollette

Anche in Italia si torna a parlare di nucleare, soprattutto ora che è in rampa di lancio un piano elaborato dall’Unione europea. A favore dell’apertura di centrali si sono espressi (tra gli altri) Matteo Salvini e Confindustria, mentre sul fronte opposto vi è larga parte di una sinistra egemonizzata dai verdi. Entro il governo stanno […]

3 Gennaio 2022

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Anche in Italia si torna a parlare di nucleare, soprattutto ora che è in rampa di lancio un piano elaborato dall’Unione europea. A favore dell’apertura di centrali si sono espressi (tra gli altri) Matteo Salvini e Confindustria, mentre sul fronte opposto vi è larga parte di una sinistra egemonizzata dai verdi. Entro il governo stanno emergendo sensibilità diverse e c’è il rischio che il dossier venga presto accantonato. Eppure di nucleare è necessario discutere per una serie di ragioni, a partire dal fatto che c’è bisogno di più concorrenza e investimenti nel campo dell’energia. Il sistema produttivo e le famiglie stanno pagando una bolletta troppo alta: per superare tale situazione è indispensabile che il mercato sia aperto e che non si trascurino i settori maggiormente promettenti come, appunto, quello dell’atomo. In questi mesi i bilanci privati stanno molto soffrendo per tutta una serie di ragioni ed è indispensabile indirizzarsi verso un quadro più liberalizzato in tale settore fondamentale. Oltre a ciò, bisogna tenere conto del fatto che la crisi energetica all’orizzonte potrebbe avere implicazioni politiche. In questa Europa sempre più centralizzata c’è insomma il rischio di un’egemonia francese destinata a far saltare ancor più gli equilibri interni. Per ovviare a ciò è indispensabile che impianti nucleari di nuova generazione siano meglio distribuiti nel Vecchio Continente: dato che oggi tutti siamo potenzialmente a rischio (un incidente non resterebbe confinato entro le frontiere di un Paese), ma solo alcune società ne ricavano significativi benefici economici e politici.

C’è poi un’altra questione, da non sottovalutare. Piaccia o meno, già ora e sempre più nei prossimi anni bisognerà fare i conti con una retorica assai efficace in tema di emergenza climatica, ossia con quell’ossessione che vuole sempre minori produzioni di anidride carbonica (ritenuta responsabile dei cambiamenti climatici). Circolano perfino progetti volti a introdurre certificati di emissione individuali: una «carta personale» che permetta acquisti, viaggi e consumi, tale da dettare un tetto al nostro consumo personale di CO2. Si tratta di una prospettiva inquietante, ma non del tutto improbabile, visto il consenso sul tema da parte delle élite e dell’opinione pubblica. Anche in ragione di ciò, il nucleare può essere uno strumento per mitigare l’aggressività di questo nuovo dirigismo giustificato da preoccupazioni ambientaliste, che dominerà l’agenda dei governi per molti anni a venire. In effetti, le centrali che estraggono energia dall’atomo comportano emissioni assai inferiori a quelle di carbone e petrolio: così che anche alcuni esponenti storici del movimento verde hanno aperto al nucleare come a una soluzione più realistica rispetto ad altre. Dato che puntare sul nucleare di ultima generazione potrebbe darci un futuro un poco più prospero e libero, aprire una discussione senza dogmi in materia è assolutamente indispensabile. Speriamo che questo avvenga.

Da Il Giornale, 3 gennaio 2022

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