Una terra da sempre accogliente e pacifica: il nemico è diventato l'assistenzialismo

Proprietà requisite per i migranti: la convivenza sta diventando difficile

2 Novembre 2016

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

accoglienza. La causa di tutto ciò sta in fatti di cronaca che segnalano una tensione crescente tra le istituzioni italiane e questa o quella comunità locale. Nelle scorse ore, ad esempio, a Ficarolo la prefettura ha requisito da ora fino ad aprile un hotel, con un «atto di pubblica utilità»: suscitando una forte reazione degli abitanti.

Ma questo è solo l’ultimo episodio, perché qualcosa di simile era accaduto a Goro (anche se lì la struttura era pubblica) e pure nel Veronese, dove è stato requisito addirittura un hotel a quattro stelle. In una fase storica che vede masse importanti di immigrati trasferirsi da una sponda all’altra del Mediterraneo è normale che vi sia chi cerca di tutelare un certo equilibrio: nella convinzione che una cosa è venire in Veneto a lavorare in fabbrica ed altra cosa è essere ospitati in strutture ricettive sottratte ai proprietari e finanziate con i soldi dei contribuenti.

Ma c’è di più. Notoriamente la popolazione del Veneto è tranquilla, orientata al compromesso, legata a valori tradizionali. In tutti questi anni ha accolto tanti stranieri, che oggi sono più di 500mila: sopra il 10% della popolazione. Il veneto tipo è un moderato che per anni votò DC turandosi il naso e che oggi subisce una rapina territoriale (la differenza tra quanto versa a Roma e quanto riceve in servizi nazionali e locali) che altrove avrebbe già indotto ad alzare le barricate.

Eppure è vero che tra Verona e Treviso sotto la cenere cova un’antica ostilità con un potere percepito come estraneo: impostosi un secolo mezzo fa dopo una guerra perduta (e un referendum fasullo) e poi consolidatosi in anni di politiche disastrose. I veneti non sono contrari a ricevere profughi di guerra e ospitare, temporaneamente, derelitti in fuga: da qualunque parte vengano. Certo hanno però imparato che l’assistenzialismo italiano non risolve i problemi, ma li aggrava. E sanno bene che un potere irrispettoso della proprietà, come testimonia la sfilza di sequestri di queste settimane, pone le basi per una convivenza sempre più difficile. L’antipatia per giunta è reciproca, perché dopo i fatti di Goro, che è un pezzo di Veneto rimasto oltre il confine, il prefetto Mario Morcone ha usato queste parole: «Vadano a vivere in Ungheria, se non vogliono stare nel posto dove diamo accoglienza ai profughi. Noi staremo meglio senza di loro». Candidato nel 2011 a sindaco di Napoli da Sel e Pd, quest’uomo incarna un universo davvero distante dalla cultura dei veneti.

E in effetti, tale Veneto in rivolta è una regione che, dopo i lunghi anni democristiani, non ha più trovato chi interpretasse la sua anima profonda, poiché esso non si riconosce nell’establishment di sinistra e neppure nel nazionalismo della destra. Lontano da Roma e senza voce, non merita comunque gogne e condanne. Merita invece rispetto e attenzione: tutto ciò che, finora, non ha minimamente ricevuto.

Da Il Giornale, 2 novembre 2016

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