2 Dicembre 2024
Corriere della Sera
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Teoria e scienze sociali
L’11 novembre, l’Istituto Bruno Leoni consegnava l’omonimo premio a María Corina Machado. A distanza, perché la leader dell’opposizione, alla quale il governo venezuelano ha impedito di correre alle elezioni e che ha spinto la candidatura di Edmundo González, non esce dal Paese e ormai è in clandestinità. In queste ore i servizi segreti fanno ronde attorno alla casa della madre.
La prima iniziativa pubblica di Machado era un’associazione per la trasparenza elettorale. Vent’anni dopo ha dovuto contestare i brogli elettorali di Maduro.
Machado ha ridato speranza a migliaia di giovani. Circa un’ottantina sono stati rastrellati e incarcerati la scorsa estate. Il suo staff vive nell’ambasciata argentina, ora tutelata dal Brasile dopo che Milei e Maduro sono arrivati ai ferri corti. Da lunedì scorso sono sotto assedio: la polizia ha tolto l’energia elettrica e impedisce l’accesso a un camion con acqua potabile.
Lì dentro c’è una persona, Pedro Urruchurtu, che è l’ambasciatore digitale di Machado. Ha 34 anni, è appeso al suo Instagram per comunicare col mondo. I social possono essere uno straordinario strumento di libertà. Quale che sia il palco, però, il problema è quando il pubblico si volta dall’altra parte. Del Venezuela si parla poco. Sarà perché è una dittatura «di sinistra» e non «di destra»?