4 Febbraio 2016
Capital
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Per molti il profitto è qualcosa di poco nobile e da biasimare. Se Karl Marx l’associò allo sfruttamento, altri lo riconducono a un’avidità senza limiti. Questo aiuta a capire perchè molte attività economiche ci tengano a definirsi non-profit: producono beni o servizi senza che nessuno si arrichisca. Eppure il profitto non andrebbe demonizzato, ma rettamente compreso, cercando soprattutto di cogliere la funzione sociale che assume e che non può essere eliminata.
In una società di mercato il profitto funziona innanzitutto da indice della nostra capacità di soddisfare gli altri. Ci dice se siamo in grado di realizzare i nostri obiettivi riuscendo ad andare incontro alle esigenze del pubblico. Scrisse Adam Smith: “Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro interesse personale». Se apriamo un’attività e facciamo i soldi, possiamo legittimamente ritenere che il nostro successo è correlato al fatto che agli altri piace quanto offriamo. E in effetti, scorrendo l’elenco di quanti hanno conseguito i maggiori utili nell’ultimo quarto di secolo (da Bill Gates a Steve Jobs, a Mark Zuckerberg), è palese che siamo dinanzi a soggetti che hanno esaudito i desideri di tantissimi individui in tutto il mondo. Magari hanno cercato soprattutto il loro utile personale, ma in qualche modo sono riusciti pure a fare il bene altrui.
Le risorse che sono andate a ingigantire la ricchezza dei tycoon sopra ricordati hanno seguito un percorso molto semplice: quanti hanno comprato un pc o hanno utilizzato un software, con quel gesto hanno liberamente destinato denaro ai titolari di quelle aziende. Il vasto mare dei patrimoni miliardari è stato insomma formato da innumerevoli ruscelli che si sono spontaneamente indirizzati in quella direzione, dato che gli utili conseguiti discendono direttamente dalle decisioni dei consumatori.
Quando poi ci si chiede se c’è un’alternativa al profitto emergente dalle nostre opzioni di mercato, la risposta è sicuramente positiva. L’alternativa esiste ed è nota fin dalla notte dei tempi, poiché grazie al potere è possibile ottenere le risorse altrui anche senza preoccuparsi di soddisfare i nostri interlocutori.
E in effetti oggi è facile arricchirsi con finanziamenti di stato, protezioni legali, privilegi garantiti da regolamenti. L’opposto del profitto di mercato è allora la rendita parassitaria, con la quale si estorcono risorse a soggetti che vorrebbero destinare i propri quattrini a scopi ben diversi.
Nelle società in cui vige il dominio dell’uomo sull’uomo, non abbiamo profitti, ma rendite. Il profitto cresce insieme alla libertà.
Da Capital, 1 Gennaio 2016