Black Friday in Lombardia: un'occasione mancata

Eliminare solo un segmento dei vincoli esistenti nella formazione dei prezzi non vuol dire liberalizzare, ma paradossalmente riaffermare la necessità di una regolazione

31 Gennaio 2017

IBL

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

Non è tutt’oro quel che luccica. Il principio è noto ai frequentatori dei saldi, forse un po’ meno ai loro regolatori.

La giunta regionale lombarda ha infatti proposto al consiglio regionale di eliminare il divieto delle vendite promozionali pre-saldi: il cosiddetto “Black Friday” che in America viene dopo il giorno del ringraziamento, ma non solo.

Parrebbe un’iniziativa encomiabile. E’ evidente che consentire anche prima dei saldi le vendite promozionali significa permettere più occasioni di acquisto a prezzi ribassati. I consumatori sono contenti, ma anche i venditori, cui si restituisce un pezzetto di libertà economica. L’eliminazione di questo divieto permette agli esercenti lombardi quanto è già permesso non solo ai negozi on line, ma anche a quelli di alcune regioni confinanti, dove pure la proibizione di vendite promozionali pre-saldi è stata eliminata. Per una volta, anche in Italia, una regione sembra disposta a imparare dall’esperienza di altre.

Se però allarghiamo lo sguardo, la valutazione è un po’ meno positiva.
Da venti anni il commercio al dettaglio sta cercando faticosamente di liberarsi dalle strette maglie di una regolazione soffocante, e divenuta poi obsoleta e inadeguata a rappresentare le necessità di un settore toccato, come tutta l’economia, dalle opportunità offerte dall’innovazione informatica.

Al legislatore e a chi opera nel settore queste opportunità possono piacere o no, ma sono inarrestabili, e non si sottraggono a chi ne vuol cogliere i benefici, consumatori in testa.

Una proposta come quella della giunta lombarda che consente ai negozianti di effettuare i pre-saldi nei 30 giorni antecedenti i saldi è una proposta di chi crede ancora di dovere e potere avere il controllo dei prezzi al dettaglio a furia di leggi.

Eliminare solo un segmento dei vincoli esistenti nella formazione dei prezzi non vuol dire liberalizzare, ma paradossalmente riaffermare la necessità di una regolazione. La proposta, che ora dovrà comunque essere esaminata dal Consiglio, esprime la stessa ostilità di fondo alla libertà di scambio che trapela proprio dal vincolo che si vuole abrogare, lasciandone in piedi gli altri. Considerando anche l’evoluzione del mercato on line, davvero in questo caso bisognerebbe essere più radicali, usare l’accetta e non il bisturi e liberalizzare una volta per tutte saldi e vendite promozionali. Permane, del resto, l’ipocrisia di fondo di credere che prima o poi anche il commercio on line possa essere assoggettato ai consueti vincoli, e nel frattempo di poter offrire qualche sollievo temporaneo al dettaglio tradizionale slegando qualche piccolo laccio. Nel mondo di ieri, si poteva essere d’accordo o meno con le forme di controllo dei prezzi, ma certo erano più “efficienti” in un mercato limitato ai negozi di vicinato di quanto non possano esserlo oggi. La continua intromissione del legislatore, anche quando volta a interventi di piccola deregolazione che non mettono in discussione l’ingerenza di fondo, non è compatibile col mondo di oggi, e tantomeno lo sarà con quello di domani. Prima le regioni accetteranno questi cambiamenti, meglio sarà per tutti, in primo luogo per i commercianti tradizionali.

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