Negli Stati Uniti e in Europa si moltiplicano i tentativi di contenere l’aumento degli obesi utilizzando la leva fiscale. Ciò significa assoggettare a nuove imposte alcune tipologie di cibi. Ma è davvero in questo modo che si possono diffondere i principi della buona alimentazione?
Il volume indaga i presupposti e i risultati delle imposte sui vizi alimentari attraverso i contributi di economisti, giuristi ed esperti di politiche sanitarie: Alberto Alemanno, Ignacio Carreño, Katelyn Christ, Scott Drenkard, Edward Glaeser, Randall Holcombe, Lucia Quaglino, Matthew Salois, Franco Sassi, William Shughart II, Richard Tiffin, Gordon Tullock e Richard Williams.
Le loro analisi ci costringono a guardare oltre la demagogia. Le tasse sul vizio distorcono il mercato, riducendo la libertà di scelta dell’individuo consumatore; hanno tendenzialmente un impatto regressivo, danneggiando le fasce più deboli della popolazione; e sono spesso il frutto di pregiudizi e dell’influenza di gruppi di pressione. Soprattutto, le tasse sul vizio non raggiungono l’obiettivo prefissato, perché alimenti altrettanto dannosi esulano dal perimetro dell’imposta.
Una buona dieta presuppone scelte salutari e la piena consapevolezza dell’esito delle proprie decisioni a tavola. Allora, se davvero si mira alla tutela della salute e non ai maggiori introiti per l’erario, sarà necessario prescindere da schemi concettuali opinabili, seppur dotati di buona stampa, e volgere lo sguardo a soluzioni alternative: soluzioni che richiedono un impegno tangibile sul versante dell’educazione senza comprimere la libertà di scelta delle persone.